Emma
Mazzuca
Eclissi
Si
asciuga l’espressione, si addensa l’ispirazione; forse, semplicemente, si è
rasserenata la ricerca esistenziale e la sua necessaria rappresentazione. La
poetessa Emma Mazzuca è ormai arrivata alla saggezza? Quella che una volta si chiamava pace
dei sensi è aliena, ovviamente, dalla sfera sentimentale dell’arte – eppure, in
questo suo libro si avverte una misura nuova, una cifra più raccolta, e la
poesia ne vive e ne è meglio, opportunamente, curata e proposta. Eclissi, il titolo del libro (che
contiene una ottantina di poesie in tre sezioni), potrebbe alludere alla paura
di una mancanza, al presagio di una perdita, di una fine – “il fioco crepuscolo
del silenzio dell’essere” potrebbe esserne una spia. Eppure si può essere certi
che Emma Mazzuca, sempre combattiva come
ha mostrato finora di essere nel rappresentarsi poeticamente, non si arrende,
non crede possibile una sua resa alla sfida del mondo, alla sfida del tempo. Il
passare degli anni (e ormai è alla sesta pubblicazione: ma le prime tre in otto
anni, le ultime in quattro, sempre più premiate e ben accolte dalla critica) le
consente di affinare le armi, di sceglierne il calibro e migliorare la mira: i
colpi delle sue parole colgono sempre più nel segno e si avvicinano al
bersaglio della difficile attenzione dei lettori. Anche “nella dissolvenza di
questo mondo / alla deriva di ombre” si può cogliere un passaggio, un invito,
una speranza che dia più senso alla vita. “Una volta ancora esisto – scrive
infatti – su una nuova vetta”: di lassù riprende slancio. Con la consapevolezza
che “tempi diversi non puoi invocare”, bisogna infine farsi forza – viviamo al
meglio che possiamo, “immutabili e senza tempo”. E se una eclissi ci offusca un
giorno il cammino, il giorno dopo, “con pazienza”, si potrà spezzare la catena
e proiettarsi di nuovo in avanti. D’altronde, bisogna essere sempre pronti a
perdere, se non si riesce a vincere la partita che la vita ci fa giocare; anche
una sconfitta è lezione da imparare. La vita, in fin dei conti, scrive quasi in
epigrafe la poetessa: “è l’unica partita che non contempla pareggio”.
Giuseppe Napolitano