La Massoneria non ha obiettivi pratici. Di più:
il massonismo può ispirare anche uomini non formalmente iscritti alle
logge. Ma allora, perché l’Ordine liberomuratorio? E perché entrarvi? Ne
discute con calore Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 1762 - Berlino,
1814) in queste “lezioni” raccolte dall’amico, Fratello e discepolo
Fischer nelle “Eleusinie del XIX secolo” e proposte nel 1924 da Santino
Caramella in una versione che suonò quasi canto del cigno della
Massoneria italiana, prossima all’eclissi cui fu costretta dalla
tirannide. Iniziato quasi quarantenne, al culmine della maturità
intellettuale, Fichte non ha dubbi: la Massoneria è l’unica istituzione
umana che non si risolva in una qualsiasi ‘utilità’. Suo scopo è la
ricerca del suo stesso scopo: la ricerca pura, in sé e per sé. A questo
modo essa non eleva alcuna barriera tra sé e qualsiasi altra istituzione
umana, giacché chiunque può farne parte senza rinunziare al proprio io,
sicuro di trarne beneficio per la propria educazione intellettuale e
morale. Sulla scia di Lessing, Fichte insiste
sull’universalità della Libera Muratoria. Erano gli anni, del resto, nei
quali Ludwig van Beethoven dava respiro al massonismo nelle sue geniali
composizioni, con l’intensità emotiva e il nitore formale che Angelo
Manuali conferisce alle pagine di Fichte, liberate dagli orpelli
stilistici e dalle incrostazioni del finto ‘dialogo’ imposto loro da
Fischer nell’edizione originaria.
Fichte condivise la sorte
d’un altro grande Fratello tedesco, K.C.F. Krause, espulso dalla sua
loggia per aver tentato una riforma dell’Ordine liberomuratorio; ma
l’identificazione tra la Massoneria, l’umanesimo universale e la libertà
di ricerca – di cui i due furono apostoli, con Goethe, Wieland, Mossdorf…
– rimase cardine dell’animo liberomuratorio in ogni Paese.
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